24
Products
reviewed
275
Products
in account

Recent reviews by Peats

< 1  2  3 >
Showing 1-10 of 24 entries
2 people found this review helpful
41.3 hrs on record
Esilarante, inquietante, unico.
Not For Broadcast racconta la storia di un'Inghilterra alternativa dove il corso degli eventi grandi e piccoli viene costantemente determinato dall'influenza dei media, le cui scelte dettano la sorte e il futuro della nazione e dei suoi abitanti. Il giocatore è chiamato a dirigere il montaggio video di uno dei principali notiziari del paese alla vigilia di un'importante svolta politica. Le meccaniche di gioco e i consigli degli altri personaggi ci incitano a focalizzarci sulla creazione di trasmissioni 'pulite' e piacevoli da guardare al fine di massimizzare gli ascolti, ma alla fine della fiera siamo noi a decidere cosa mostrare o nascondere al pubblico: esibire il lato meno decoroso di una celebrità può stravolgerne la carriera, scegliere uno spezzone pubblicitario piuttosto che un altro può far crollare le azioni di una multinazionale, censurare un certo messaggio politico può cambiare il futuro della nazione. Nessuno dei personaggi del gioco è esentato dal giudizio delle telecamere, che possono rovinare i leader più potenti e glorificare i fenomeni da baraccone più disparati nel giro di pochi istanti. Il nostro pubblico vede soltanto le inquadrature che gli riserviamo, una sequenza che offre sempre e solo una singola versione 'ufficiale' dei fatti, ma la panoramica completa che ci viene offerta nel nostro ufficio ci ricorda che ogni situazione si compone di molte realtà con altrettante facce.
Dal punto di vista del gameplay, inizialmente Not For Boadcast può sembrare piuttosto complesso. Anche se il gioco si impegna ad introdurre costantemente nuove meccaniche di gioco con l'avanzare della storia, in realtà si tratta di un titolo molto accessibile che permette di personalizzare la propria esperienza in diversi modi, anche disattivando intere meccaniche... tutto per evitare che i ritmi del gameplay ci distraggano troppo dalla narrazione, che rappresenta il vero cuore del gioco. Le nostre prestazioni in ufficio determinano quanti soldi portiamo a casa per badare alle esigenze familiari; questa dinamica ricorda molto da vicino Papers, Please, ma mentre nel gioco di Lucas Pope la carenza di fondi poteva significare la morte dei nostri parenti, qui la bancarotta non ci impedisce di arrivare ai titoli di coda e non rappresenta una minaccia altrettanto grave.
Le decisioni compiute in ufficio e durante gli eventi di intermezzo tra una sessione lavorativa e l'altra influiscono su molti aspetti della trama e garantiscono a Not For Broadcast una forte rigiocabilità... ma ciò che mi ha spinto più di tutto ad affrontare un secondo playthrough del gioco è la natura Full Motion Video del gioco. Ad oggi, Not For Broadcast è l'opera con più contenuti FMV di tutto il panorama videoludico, e il cast coinvolto è eccezionale. Si tratta perlopiù di attori inglesi poco conosciuti che sono riusciti a tenermi incollato allo schermo dall'inizio alla fine dell'avventura. Il tono della recitazione è comico e riesce a trasmettere un messaggio chiaro sulle responsabilità, i doveri e i pericoli delle comunicazioni di massa (nonostante la storia si apra nel 1985, in un'epoca in cui questi sistemi erano rudimentali rispetto a quelli esistenti oggi).
Not For Broadcast è un'esperienza unica, un prodotto di passione e originalità che consiglierei a qualsiasi giocatore dotato di una buona comprensione dell'inglese e capace di apprezzare una buona dose di british humour. Ad oggi non esiste una localizzazione italiana, e data la natura del gioco sarebbe estremamente difficile crearne una di amatoriale. Consiglio anche i DLC, perlomeno Bits of Your Life (che è quasi riuscito a farmi piangere) e The Timeloop (14 minuti di applausi), molto lineari rispetto al gioco base ma altrettanto interessanti ed ispirati.
Posted 13 November, 2024. Last edited 13 November, 2024.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
3 people found this review helpful
17.9 hrs on record
Un piccolo e gradevole souls-like che sembra essere stato perlopiù ignorato dall'utenza. Scrivo questa recensione sperando di dargli un minimo di visibilità in più perché, nonostante tutti i suoi difetti, ritengo che There is No Light meriti più attenzione di quanta ne abbia ricevuta finora.
La presentazione tecnica è ottima: mi è bastato guardare pochi screenshot per innamorarmi dell'estetica del titolo, e questa prima impressione è stata riconfermata a più riprese ad ogni partita. Ogni area di gioco trasuda una propria personalità e si distingue dalle altre offrendo scenari tanto variegati quanto ispirati, ma allo stesso tempo accomunati dalla stessa atmosfera opprimente (il titolo del gioco non mente). Il comparto sonoro propone sempre una degna cornice a questi luoghi da incubo, rendendone alcuni particolarmente memorabili.
La storia centrale è piuttosto spartana, mentre il mondo che siamo chiamati ad esplorare è ricco di dettagli e sfumature. Si può scegliere di approfondire la 'lore' del gioco interagendo con le miriadi di NPC che popolano l'hub centrale o ignorarla completamente se si preferisce limitarsi ad ammazzare mostri... ovviamente questo secondo approccio preclude l'accesso a molti contenuti secondari, ma apprezzo comunque che al giocatore venga permesso di dedicarsi al puro gameplay senza costringerlo prima a sorbirsi fiumane di testi di esposizione che magari gli sono indifferenti.
Quanto descritto fin qui rende evidente l'amore e la passione con cui il team di sviluppo si è dedicato al progetto... purtroppo però non è facile dare un giudizio altrettanto univoco al gameplay. I combattimenti rappresentano il cuore dell'esperienza e le loro meccaniche sono così semplici che bastano pochi messaggi di tutorial per esporle tutte. Esse vengono progressivamente approfondite man mano che si prosegue nell'avventura con l'acquisizione di nuove armi, senza mai risultare eccessive o confusionarie. Fin qui tutto bene, almeno finché non ci si accorge che i combattimenti sono molto, molto veloci, talvolta fin troppo: alcune boss fight possono concludersi entro una manciata di secondi, e a volte iniziano senza troppe cerimonie (mi è capitato di venire attaccato da un certo boss ancor prima che la telecamera avesse finito di inquadrare la sua arena). Il giocatore è inoltre 'costretto' ad adottare uno stile aggressivo per accumulare la Furia necessaria a curare i suoi pochi punti salute, poiché le tradizionali pozioni sono rare e non si ripristinano alla morte. Naturalmente ciò contribuisce ad accelerare ulteriormente i tempi di ogni scontro. Personalmente ho apprezzato questo sistema di combattimento (grezzo e viscerale ma pure piuttosto elegante) ma non biasimo chi lo riterrà eccessivamente caotico e impreciso... del resto, buona parte della difficoltà del gioco deriva proprio dai suoi ritmi incalzanti.
Un altro elemento discutibile è il level design: l'estetica dei livelli è tanto originale quanto la loro struttura è blanda, difatti quasi tutti condividono la stessa. Ogni area ha un singolo ingresso e una sola uscita, collegati da un percorso lineare lungo il quale sono presenti innumerevoli ramificazioni che nascondono oggetti collezionabili o elementi di lore. Spesso non ci sono mappe, dunque navigare certe zone può risultare difficile. Si ha sempre la sensazione di attraversare dei labirinti dove i checkpoint rappresentano l'unica cosa che ci rassicura che non ci siamo (ancora) persi. È vero che ogni livello offre nemici diversi, ma gli scontri sono così veloci che si finisce per ritenerli tutti uguali... è vero anche che alcune aree introducono elementi e pericoli ambientali ad esse esclusivi, ma solo di rado riescono a distinguersi seriamente dal resto del mondo. Una volta compresa la ripetitività del level design, si perde la voglia di esplorare nuove zone... ecco perché avrei preferito un'avventura più breve, con un paio di aree in meno e una maggior enfasi sull'epilogo della storia, che invece si chiude in modo molto precipitoso e con una boss fight francamente pessima.
Il finale allude ad un possibile sequel e il gioco termina senza concludere una storia che, ahimè, potrebbe non proseguire mai a causa del poco successo riscontrato sul mercato da There is No Light. Non posso non dispiacermene un po'... il mondo creato da Zelart meritava i suoi quindici minuti di gloria, ma probabilmente non offre abbastanza da distinguersi dalla marea di altri titoli che popolano il panorama dei souls-like e che lo hanno condannato all'anonimato.
Posted 5 October, 2024.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
12 people found this review helpful
54.3 hrs on record (53.8 hrs at review time)
Acquistare Slay the Spire nel 2024, a distanza di anni dal suo esordio iniziale, può sollevare qualche perplessità. Il gioco vanta un'ottima reputazione e una comunità composta da utenti che hanno accumulato diverse centinaia di ore di gioco e promettono già di dedicarne altrettante al sequel appena annunciato. Questi fattori sembrano suggerire che StS sia ricco di contenuti, e lo è... ma ad un neofita, questo potrebbe non apparire evidente fin da subito. La presentazione tecnica del gioco è decisamente spartana: grafica e comparto sonoro non risultano proprio memorabili, storia e "lore" sono quasi inesistenti, non ci sono montagne su montagne di contenuti segreti da sbloccare. L'esperienza risulta subito piacevole, ma forse non abbastanza da giustificare la dedizione quasi religiosa formatasi attorno a questo titolo dalla grafica che ricorda Dixit.
La cosa di cui ci si accorge fin da subito, però, è che il gioco crea dipendenza, forse proprio grazie alla semplicità che lo contraddistingue. L'assenza pressoché totale di narrative ed elementi estetici "di contorno" permette a StS si concentrarsi interamente sulle sue dinamiche di gioco, che a primo impatto possono sembrare semplici ma che in realtà celano una complessità molto profonda ma mai opprimente. Molti giocatori, me compreso, affrontano le prime partite convinti di aver a che fare con un titolo governato da RNG e in cui le scelte del giocatore hanno scarsa importanza, ma dopo quaranta ore di gioco e qualche giro su Reddit si inizia finalmente a capire che ogni mossa del giocatore, anche la più semplice, deve essere ponderata con attenzione, deve essere coerente con tutte le altre, e deve essere frutto di logica e calcoli assai precisi. Il gioco ci pone dinanzi a queste scelte fin dai primi momenti di ogni partita e punisce coloro che compiono scelte indipendenti l'una dall'altra, pretendendo invece che tutte si adattino ai fini di una strategia ben precisa. I quattro personaggi giocabili presentano stili di gioco molto diversi tra loro, ed ognuno è compatibile con almeno una dozzina di build che si escludono a vicenda e che, se composte con cura, eliminano (quasi) qualsiasi traccia di RNG dai combattimenti (la difficoltà presentata dai nemici dipende quasi sempre dalle scelte fatte nella composizione del proprio mazzo).
La composizione di queste build non è mai un processo lineare, poiché è raro che il gioco offra tutte le carte in cui si spera senza rifilarcene qualcuna di incompatibile con la strategia che abbiamo scelto. Se non fosse così, ogni partita si ridurrebbe ad una sequenza di scelte imparate a memoria... mentre invece anche il giocatore più esperto è spronato a sperimentare costantemente nuove combinazioni e sinergie lavorando con le carte di cui dispone, adattando la propria strategia alla situazione proposta dal gioco. L'enorme quantità di sinergie attuabili fa sì che il giocatore possa sempre vincere a prescindere dalle carte che gli vengono offerte... a patto che sappia intravedere le sinergie nascoste tra le righe.
Tutto questo funziona con un'eleganza a cui questa recensione non può rendere giustizia, e che si può apprezzare soltanto giocando personalmente a StS. Questa è la vera magia del gioco, la capacità di spronare il giocatore ad affrontare sempre i soliti tre (quattro) capitoli senza dover prima promettergli lo sblocco di nuovi contenuti o boss segreti... e questo in un periodo dove sempre più titoli fondano la propria longevità sull'idea del "gioco in continua evoluzione", il live service, l'incentivo a giocare per vedere "quello che verrà dopo". Qui sbloccherete ogni personaggio e carta nel giro di poche ore, per poi passarne altre cento vedendovi offrire soltanto nuovi livelli di difficoltà. Non sarà il bisogno di vedere nuovi contenuti a tenervi incollati allo schermo, ma le stesse meccaniche di gioco che vi sarete trovati di fronte fin dalla prima partita. Quando ci si rende conto di questo si impara veramente ad apprezzare la semplicità generale di cui parlavo a inizio recensione.
Allo stesso tempo, il gioco offre un panorama di mod vastissimo. Ad oggi ho dedicato soltanto una rapida occhiata alle creazioni degli utenti, ma questo sguardo è bastato per farmi capire che ogni aspetto del gioco è moddabile, e che nel Workshop si trova veramente di tutto. La carenza di contenuti sbloccabili del gioco base è quindi compensata dall'entusiasmo dei fan, che tutt'oggi continuano a sfornare mod che meritano di essere provate.
Non sono un gran fan del genere dei deck builders, ma consiglio questo titolo a mani basse. Prevedo di continuare a giocarci per molto tempo e terrò sicuramente d'occhio il sequel, da cui mi aspetto grandi cose.
Grazie per aver letto la mia recensione.
Posted 10 May, 2024.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
37 people found this review helpful
1
8.5 hrs on record
Early Access Review
Sto lavorando ad una traduzione italiana. Stay tuned!
Edit: Traduzione pronta, attendo l'integrazione del supporto mod per pubblicarla.
Posted 24 April, 2024. Last edited 27 November, 2024.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
34 people found this review helpful
1 person found this review funny
2
2
16.9 hrs on record (3.9 hrs at review time)
Early Access Review
Posted 19 December, 2023. Last edited 5 January, 2024.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
17 people found this review helpful
3
1
99.6 hrs on record (83.2 hrs at review time)
Ho sentimenti molto contrastanti verso questo titolo... da un lato ne approvo il carattere sperimentale e riconosco che offre un'esperienza unica nel suo genere; non ne sconsiglio l'acquisto e mi auguro che possa ispirare altri sviluppatori a discostarsi dai canoni dell'open world già visto e rivisto. Allo stesso tempo, Death Stranding non è assolutamente esente da critiche, tanto che ho trascorso più tempo di quanto mi piacerebbe ammettere senza sapere se dargli un giudizio positivo o negativo. Ho deciso di optare per un pollice abbassato perché ritengo che, data la sua importanza, questo titolo rischi di spingere l'industria videoludica in una direzione che non mi piace. Ma andiamo con ordine.
La presentazione tecnica ha sicuramente molti meriti, ma l'interfaccia è davvero poco intuitiva. Death Stranding bombarda costantemente il giocatore con un'infinità di informazioni inutili nel tentativo di persuaderlo della presunta complessità del gameplay: le prime sezioni di gioco sono guidate e ci incoraggiano a pianificare con attenzione ogni mossa, spronandoci a confrontare i vari rischi che contraddistinguono ogni strada percorribile per raggiungere il nostro obiettivo... e una volta raggiunto quest'ultimo veniamo messi di fronte ad una schermata di valutazione piuttosto intimidante zeppa di dettagli superflui, ma che all'inizio dell'avventura ci illude di avere a che fare con meccaniche di gioco piuttosto profonde. In realtà, il gameplay di DS è così semplice che qualsiasi giocatore si accorgerà ben presto che la maggior parte delle informazioni proposte dal gioco sono soltanto di contorno. Ma non può essere altrimenti. Gli sviluppatori hanno creato un mondo di gioco volutamente spoglio ma riempibile dai giocatori che lo popolano, che sono chiamati a mallearlo per eliminarne gli ostacoli naturali tramite la costruzione di varie strutture.
Ho apprezzato la possibilità di collaborare con altri giocatori nel costruire edifici personalizzabili con cui riempire il mondo post-apocalittico che si è chiamati ad esplorare. Questa dinamica si sposa bene con la tematica centrale del gioco e sottolinea l'importanza di una collettività sociale dove ogni individuo può donare e ricevere aiuto dagli altri membri del gruppo per superare le avversità. Peccato però che questi edifici costruiti dalla comunità rappresentano spesso delle "scorciatoie" atte ad accelerare i ritmi di gioco e permettere agli utenti di spostarsi dal punto A al punto B con sforzi e tempi sempre minori. In altre parole, la comunità di giocatori collabora nella costruzione di strade e teleferiche che le consentono di semplificare ulteriormente un loop di gioco già semplice, fino al punto in cui scalare una montagna può ridursi alla pressione di un paio di tasti... e anche la consegna più complessa diventa completabile ad occhi chiusi. Posso davvero dire di apprezzare il gameplay di DS se ammetto di aver trascorso ore a costruire infrastrutture destinate a farmi eludere suddetto gameplay? Non lo so... ma so che non mi sognerei mai di affrontare un playthrough completo senza essere connesso alla rete, perché costruire strade da soli suona come puro grinding.
Tutte queste, però, sono critiche a cui l'utente può ovviare adattando il proprio stile di gioco alle sue esigenze... del resto, se non si vogliono usare infrastrutture, si è liberi di ignorarle. La maggior parte degli ordini è libera da eventi scriptati e ognuno è libero di vivere il gioco come preferisce, dando priorità a certi aspetti dell'esperienza piuttosto che ad altri... alcuni giocatori si focalizzano solo sulla storia ed impiegano 30 ore per raggiungere i titoli di coda, io ce ne ho messe 80, ad altri ne servono 200 perché decidono di contribuire quanto più possibile alla comunità. A chi si appresta ad iniziare l'avventura consiglio di giocare con calma. Concentratevi sul viaggio piuttosto che sulla destinazione. Godetevi il panorama e non abbiate fretta di raggiungere Amelie sulla costa occidentale, perché vi offrirà soltanto sezioni scriptate e battute imbarazzanti su Mario e Peach.

Il vero problema che non riesco a perdonare è la totale dissonanza che separa il gameplay e la narrazione di Death Stranding. La trama è... "particolare". Può piacere o non piacere come in qualsiasi altra opera artistica, e va bene così. Tuttavia, la maggior parte degli eventi di storia più rilevanti sono relegati ai primi ed ultimi capitoli del gioco, che offrono un'esperienza diametralmente diversa rispetto a quelli centrali, incentrati quasi esclusivamente sul gameplay e quasi del tutto estranei alla narrazione centrale. Ci sono momenti in cui sembra di giocare a due titoli diversi. Si passa dal fare i corrieri in un mondo avvolto nel silenzio, accompagnati da colonne sonore placide e liberi di approcciare ogni situazione come si vuole... a scontri in cui si equipaggiano lanciarazzi quadrupli per sparare a balene volanti o antagonisti dalle motivazioni insulse che propinano battute degne dei cereali. Questi combattimenti sono così alieni alla normale esperienza di gioco di DS che non c'è da stupirsi se non risultano scorrevoli come le sezioni di consegna. C'è una sezione in cui si trascorrono venti minuti a crivellare di proiettili un altro personaggio, ma quest'ultimo e il protagonista prendono subito a scambiarsi abbracci, ringraziamenti e lezioni di vita appena parte la successiva scena d'intermezzo. Forse non sono in grado di apprezzare la direzione artistica di Kojima, forse non capisco riferimenti e simbolismi tipici di questo autore, ma credo comunque che DS abbia un problema di dissonanza ludonarrativa.
Ribadisco che non sconsiglio l'acquisto di DS, anzi. Rimango convinto che questo gioco abbia molti pregi e sia degno di essere discusso, ma allo stesso tempo sospetto che possa dare alcuni spunti sbagliati al medium videoludico. Vorrei che questa industria imparasse a fidarsi del proprio potenziale, e che i suoi cosidetti pionieri smettessero di infarcire le loro opere di elementi cinematografici e cast di attori hollywoodiani strapagati. Non m'interessa fare la doccia con Guillermo del Toro o vestire i panni di Norman Reedus, mi bastano personaggi scritti bene che non fondano il proprio carisma sul fatto di condividere le loro sembianze con delle celebrità. Ma suppongo che il genio di DS sia proprio questo: una campagna di marketing basata sulla collaborazione con grandi personalità del cinema, anni di hype generato da trailer che non mostravano alcuna sezione di gameplay, poiché queste, da sole, non sarebbero riuscite a fruttare abbastanza interesse da parte del pubblico. Avrei preferito se i fondi usati per pagare il cast fossero stati impiegati per migliorare certe sezioni del gioco, ma pazienza. Ha funzionato una volta e sono certo che funzionerà di nuovo. Death Stranding 2 è stato annunciato circa un anno fa, ad oggi non esiste un singolo screenshot di gameplay, ma ogni singolo outlet videoludico non manca di avvisarci ogni volta che Kojima riceve Keanu Reeves o Timothée Chalamet nei suoi uffici, come se questi eventi dovessero rassicurarci sulla qualità del prossimo gioco della serie. A quanto pare queste cose generano più hype dei contenuti del gioco stesso... insomma, chissà quante copie di Cyberpunk 2077 sono state vendute da Reeves che grida "You're breathtaking!" al pubblico dell'E3. Forse sto divagando, vorrei soltanto che un volto importante come quello di Kojima non sentisse il bisogno di accostare le sue opere al cinema e consentisse ai videogiochi di acquisire (finalmente) un'identità indipendente. Forse allora le cerimonie dei Game Awards sarebbero meno imbarazzanti e non sentirebbero il bisogno di invitare fiumane di celebrità per darsi importanza. A proposito, in DS compare pure Geoff Keighley. Coincidenza?
Posted 18 December, 2023. Last edited 18 December, 2023.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
57 people found this review helpful
3
2
5
241.1 hrs on record (46.7 hrs at review time)
Traduzione italiana disponibile a questo link:

https://steamproxy.net/sharedfiles/filedetails/?id=2984462132
Posted 6 June, 2023. Last edited 21 November, 2023.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
8 people found this review helpful
59.8 hrs on record
Se Delitto e Castigo di Dostoevskij fosse un videogioco, forse sarebbe questo.
Molti utenti sono soliti descrivere questo titolo come "il miglior CRPG di tutti i tempi", ma ritengo che una definizione del genere rischia di sollevare le aspettative sbagliate in chi la legge. Non sono assolutamente un esperto di questo genere di giochi, ma sono convinto che Torment non sia un gioco per tutti.
Grande precursore di Disco Elysium, Torment racconta la storia di un uomo perseguitato dai fantasmi di un passato che ha cercato di rinnegare, condannandolo così a ripetersi in eterno. La salvezza del protagonista non risiede nella fuga dai demoni interiori ma nella loro accettazione, nel confronto coi propri rimpianti per ricavarne la risposta alla domanda che (forse) lo condurrà alla redenzione: cosa può cambiare la natura di un uomo?
Il tormento devasta sia il fisico (il suo corpo è una tela di cicatrici) che l'anima (ha dimenticato la propria storia e il proprio nome) dell'eroe, portandolo a vivere il mondo di gioco con la stessa curiosità del giocatore: l'ambientazione di Planescape è alquanto bizzarra, e la città dove si svolge gran parte dell'avventura è un crocevia di razze, popoli e culture diversi, che il protagonista vede "per la prima volta" a causa della sua amnesia. Particolarmente interessanti sono le fazioni di Sigil e i compagni di viaggio del protagonista: entrambe queste categorie incoraggiano il giocatore ad esplorare a fondo ogni area, rivolgendo ad ogni PNG anche le domande più ingenue per apprezzare appieno il vero punto forte di Torment, ovvero il suo mondo e il modo magistrale in cui questo viene presentato anche a chi, come me, inizia la partita senza conoscerlo minimamente. Paradossalmente, è questo stesso punto che mi impedisce di consigliare il gioco a tutti. Se non vi piace leggere (in inglese e senza il supporto di un doppiaggio), ricaverete ben poco da questo titolo. Quelli che lo descrivono come più simile ad un libro che a un gioco non hanno tutti i torti. Mentre i dialoghi e la narrazione sono ben strutturati, al combattimento e ai sistemi che vi girano intorno non è stata riservata altrettanta cura. Il divario è tanto vasto che ogni giocatore dovrebbe adottare una build che prioritizza Carisma, Intelligenza e Saggezza rispetto ai classici attributi incentrati sulle prestazioni in battaglia, ovvero Forza, Destrezza e Costituzione. Di solito mi astengo dal condividere certe dritte con chi non ha ancora provato un gioco, ma questa eccezione è più che giustificata. Se cercate scontri appaganti e storie che vi permettano di diventare vere e proprie divinità della guerra, passate tranquillamente oltre.
Planescape è grande, complesso, e non è nato per ruotare attorno alla storia di Torment. Non aspettatevi di salvare il mondo, né tantomeno un mondo che si pieghi alle vostre regole, perché dovrete essere voi ad adeguarvi a quelle del gioco di ruolo originale. Non posso dilungarmi sui pregi della trama e dell'ambientazione di Torment senza rischiare di impoverire la vostra esperienza di gioco, ma posso augurarvi buon viaggio con una sicurezza che avrei soltanto con pochi altri titoli.
Posted 20 March, 2023.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
27 people found this review helpful
3 people found this review funny
118.1 hrs on record
Secondo la teoria junghiana, la Persona/Maschera/Ombra rappresenta il potenziale latente che un individuo reprime per aderire alle norme del conformismo e farsi accettare dalla massa. Paradossalmente, però, sono proprio coloro che soffocano le proprie Ombre a indossare le maschere peggiori. Le fiumane di gente che popolano il mondo di P5R non hanno tratti facciali, e spesso il gioco concede uno scorcio delle opinioni che si fanno sui principali eventi della trama: sono ingenue, superficiali, sempre prossime alla smentita e malleate dalla corruzione dei più potenti. Questo è il panorama che i protagonisti di P5R devono affrontare: ognuno di loro realizza, a suo modo, che il compromesso appena descritto li pone alla mercé di una società senza scrupoli, e decidono di indossare quelli che all'inizio sembrano improbabili travestimenti da eroi... ma che col tempo si rivelano essere panni più sinceri di quelli vestiti ogni giorno durante la routine quotidiana. Decidono insomma di affidarsi alle relative Personae per trovare il proprio posto nel mondo che li ha respinti.
Il gameplay di P5R si divide tra sezioni di "dungeon crawling" e, soprattutto, vita quotidiana... o "visual novel". Partiamo da queste ultime. Qui la priorità è data ai dialoghi e alle interazioni tra i personaggi. Il cast del gioco è la colonna portante dell'intera esperienza: nulla vi convincerà a completare questo titolo se la cricca del protagonista non saprà conquistarsi la vostra simpatia. Questa consapevolezza mi ha fatto indugiare molto al momento dell'acquisto: non sono un fan degli anime, e temevo che la storia di un gruppo di adolescenti di Tokyo intenti a salvare il mondo grazie al potere dell'amicizia potesse lasciarmi indifferente. Sono felice di poter dire che il gioco ha impiegato poco tempo a farmi dimenticare certi dubbi, perché (quasi) tutti i personaggi di P5R sono davvero ben scritti... le loro vulnerabilità sono credibili e la loro ingenuità è fonte di risate piuttosto che di fastidio. Inoltre, l'ottima qualità del doppiaggio arricchisce molto le loro personalità.
Ho paragonato le sezioni di vita quotidiana di P5R ad una "visual novel" perché proprio i dialoghi ne rappresentano il cuore. È possibile scegliere come e con chi si vuole trascorrere il proprio tempo libero a Tokyo, ma spesso si finisce per scegliere un'attività al posto di un'altra soltanto per via dei benefici apportati alle proprie Doti Sociali: dovrei passare la serata studiando per aumentare la mia Conoscenza o andare ai bagni pubblici per aumentare il mio Fascino? Dovrei andare al cinema a vedere un film che aumenterà la mia Gentilezza o giocare a biliardo per sbloccare nuovi bonus nelle sezioni di dungeon crawling? Sono poche le attività che non si risolvono attraverso qualche linea di dialogo, e i bonus derivati dalle suddette Doti Sociali permettono soltanto di sbloccare nuove interazioni con certi personaggi... ovvero nuovi dialoghi. Ripeto, il mondo di P5R non mi è affatto dispiaciuto, ma è difficile non paragonarlo a quello della serie di Yakuza, dove ogni attività secondaria ha un relativo minigioco collegato. Se l'intenzione d P5R e Yakuza è quella di dipingere Tokyo come una capitale dell'intrattenimento, a mio parere il modello più convincente tra i due non è quello proposto da Atlus.
Pur essendo maggiormente orientate verso l'azione, le sezioni di dungeon crawling sono a mio parere le più deboli. Il combattimento a turni permette di affrontare e domare un vasto pantheon di creature ispirate da ogni sorta di miti, religioni e folklore. Ogni creatura vanta determinate tecniche di combattimento, punti deboli e di forza. Tutto questo è valso numerosi paragoni alla serie di Pokemon, ma vorrei sottolineare come in Persona siano presenti vari accorgimenti atti a minimizzare le lunghe sessioni di grinding che caratterizzano i giochi di Pokemon... o almeno quelli di cui ho memoria io. Non dovrete trascorrere ore a sconfiggere sempre gli stessi nemici per far salire di livello le vostre Personae, e non sgobberete come matti per catturare una "Persona selvatica" particolarmente evasiva. Quello che a mio parere è il punto debole dei dungeon, o Palazzi, di P5R, è la ripetitività degli stessi. Qui, il level design propone quasi sempre sentieri unidirezionali, falsi bivi ed enigmi a prova di scimmia. Nonostante l'estetica spesso azzeccata di questi luoghi, li ho trovati tutti eccessivamente lunghi per quel che offrono. Se siete veterani di Zelda o di vecchi RPG come Chrono Trigger o Secret of Mana, non aspettatevi grandi livelli di sfida qui.
Ed è qui che arriviamo alla mia principale critica di P5R: questo gioco non si fida di voi. Vi prenderà per mano e si assicurerà che non perdiate mai di vista le giuste priorità. Riempirà interi dialoghi di indizi su quali dovrebbero essere le vostre prossime mosse. Manderà un gatto a dominare le vostre esistenze e a dirvi cosa potete o non potete fare nel vostro tempo libero. Se sceglierete di giocare a difficoltà massima (cosiddetta "Spietata"), vi assegnerà bonus tanto sbilanciati da convincere buona parte dei fan che il vero livello di difficoltà superiore è un altro. Esiste un'attività secondaria dove vi si chiederà di tirare due dadi e di scommettere su un risultato pari o dispari... prima di spiegarvi, nel caso non lo sapeste, qual è la differenza tra numeri pari e dispari.
La soluzione a tutto questo è semplice: rideteci sopra. Forse certe scelte sono state fatte per rendere il gioco più abbordabile a giocatori minorenni (in tal caso, però, non mi spiego l'aspetto della Persona Mara), o forse questa è una semplice caratteristica di molti JRPG, genere di cui mi confesso piuttosto ignorante.
Nonostante le critiche, sono soddisfatto di aver acquistato P5R a prezzo pieno. Aspettatevi una lunga avventura, una colonna sonora che non vi uscirà più di testa e, verso la fine, boss fight della durata di 50 minuti. Tendo sempre a preferire meccaniche di gioco interessanti che non esitano a mettere la trama in secondo piano, e apprezzo i titoli che rispettano il tempo del giocatore e si rifiutano di togliergli il controllo ad ogni occasione. Persona 5 Royal è contrario a tutto questo, ma è comunque riuscito a vincere un posto di prim'ordine tra le mie esperienze ludiche di quest'anno... non mi serve altro motivo per promuoverlo a pieni voti.
Posted 22 November, 2022. Last edited 18 December, 2022.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
58 people found this review helpful
3 people found this review funny
2
3
3
3
90.0 hrs on record
HZD è uno di quei giochi a cui vorrei poter dare sia un giudizio positivo che negativo.
Mi sono deciso a lasciargli un "pollice in giù" perché, nonostante i pregi tecnici del titolo siano innegabili, le sue pecche sono decisamente più numerose.

Ma iniziamo con quanto c'è di positivo:
- Il comparto grafico è eccezionale. Se cercate un gioco che vi permetta di fare begli screenshot, l'avete trovato. È presente un'ottima Modalità Foto pensata proprio allo scopo, e a mio parere rappresenta la parte migliore di HZD (il che non è un complimento).
- Il comparto sonoro è altrettanto buono. Il doppiaggio inglese è sempre azzeccato (non ho provato l'italiano) e ho apprezzato molto le tracce ambient che fanno da cornice alle lunghe scarpinate di Aloy nella natura.
- La storia (quella principale, almeno) mantiene alto l'interesse del giocatore per il mondo costruito da Guerrilla.

Detto questo... non consiglierei mai l'acquisto di un titolo soltanto per la sua presentazione tecnica. HZD è gradevole agli occhi, ma qualsiasi giocatore si accorgerà ben presto che il gameplay non vanta la stessa cura che trasuda dagli screenshot e dai trailer promozionali.
Nessun elemento dell'esperienza è di per sé scadente, ma molti sono presi a prestito da altri giochi.
- L'open world di HZD soffre dello stesso problema di molti altri suoi simili: lo sviluppatore promette libertà d'azione al giocatore offrendogli un enorme mondo aperto da esplorare in (relativa) libertà... ma poi si dimostra incapace di riempirlo di attività interessanti. Ne risulta che la mappa globale è cosparsa di punti d'interesse perlopiù anonimi, missioni secondarie di scarsa rilevanza, prove a tempo e i famigerati accampamenti di banditi già visti e rivisti in quasi ogni franchise Ubisoft.
- A proposito di Ubisoft, anche qui sono presenti "torri" da scalare per rivelare i punti di interesse nelle aree circostanti. Non si tratta propriamente di torri, ma di Collilunghi, forse le macchine più iconiche di HZD. È ironico, ma uno degli elementi più celebri di HZD (ne hanno fatto pure un set Lego) riassume il problema di fondo del titolo: è bello a vedersi, ma appena ci si decide ad interagirci ci si accorge che non ha nulla di originale da offrire.
- (S)fortunatamente, Guerrilla ha pensato bene di non prendere idee a prestito soltanto da Ubisoft, ma anche da CDPR, ed ha perciò implementato in HZD l'elemento peggiore di The Witcher 3... le indagini, dove il giocatore è tenuto a seguire lunghi percorsi di tracce unidirezionali, fermandosi di tanto in tanto ad interagire con oggetti da cui a loro volta si dirameranno altri percorsi. Queste "indagini" non esigono nessun contributo intellettuale da parte del giocatore, e ho trovato difficile dedicare attenzione al loro contesto narrativo perché, come menzionato sopra, le quest secondarie di questo gioco hanno trame spesso scadenti. Questo problema non sarebbe così grave se le "indagini" fossero saltuarie, ma ahimè, non lo sono.
- I combattimenti con le macchine sono interessanti e spesso opzionali. I combattimenti contro altri umani sono scadenti e costellano ogni punto della trama principale.
- Gli insediamenti e le città visitabili sono tutti pressoché uguali. La maggior parte permette di interagire con un mercante (che spesso vende la stessa identica merce di quasi ogni altro mercante al mondo) e qualche NPC che ci chiederà di portargli 4 pelli di cinghiale (non è una battuta, ahimè) o di ritrovare l'amico scomparso per cause misteriose. La presunta eccezione a questa norma è costituita dalla città di Meridiana, bella, enorme e immacolata. Invece di un solo mercante, qui ne troverete mezza dozzina, invece di due quest secondarie qui ne troverete tre volte tanto. Ma se vi aspettate che l'insediamento più grande del gioco abbia pure qualcosa di diverso da offrirvi...
- A mio parere, Aloy non è un personaggio particolarmente interessante. Risalta comunque su tutti gli altri, non grazie al suo carisma, ma alla loro anonimia. La trama principale parte promettente su questo fronte grazie alla presenza del mentore della protagonista. Il gioco sembra suggerire un'evoluzione piuttosto originale del rapporto tra i due, uno sviluppo capace di mantenere intatto l'interesse del giocatore verso la trama... ma in realtà il personaggio mentore viene usato soltanto per introdurre uno degli antagonisti primari e (presumibilmente) darci un motivo per odiare quest'ultimo. Poteva funzionare, non fosse che l'antagonista finisce nel dimenticatoio fino al termine della storia, dove i suoi quindici minuti di gloria non lo fanno affatto risaltare.

Una nota positiva va al DLC "The Frozen Wilds", che corregge molte delle problematiche sopra descritte. Si concentra su una zona più circoscritta finendo per sfruttarla al meglio, propone quest primarie e secondarie più interessanti, un livello di sfida maggiore e un comparto tecnico ancor più eccezionale di quello del gioco base. Oh, e chiede di svolgere soltanto un'indagine da Witcher nell'arco di 15-20 ore.

HZD è l'ennesimo open-world uguale a tanti altri, l'ennesimo oceano profondo quanto una pozzanghera. Ho impiegato 90 ore per completarlo, troppe per un'esperienza che mi ha fatto pensare ad altri franchise ogni qualvolta tentava di propormi qualcosa di nuovo.
Dopo aver svolto qualche breve ricerca su Horizon Forbidden West, ho avuto l'impressione che il sequel commetta gli stessi errori del suo predecessore, offrendo ancora una volta un comparto grafico ineccepibile... ed un gameplay rimasto pressoché invariato. Suppongo che, in quanto esclusiva Sony, HFW miri in primo luogo ad evidenziare le potenzialità della PS5 per incentivarne le vendite in un mercato sempre meno affine alle console, ma ciò significa pure che non ho alcuna fretta di vederlo arrivare su PC.
Posted 7 September, 2022. Last edited 29 December, 2023.
Was this review helpful? Yes No Funny Award
< 1  2  3 >
Showing 1-10 of 24 entries